Fratte Rosa
Sorge a cavallo fra le valli del medio Metauro e del medio Cesano, sulla cima di una collina circondata dal verde dei campi coltivati e dei numerosi vigneti.
Dalla cima della collina su cui è arroccata si ha la possibilità di gustare un panorama tra i più ampi e suggestivi della provincia.
Fratte Rosa – con le parole di Paolo Volponi – è “un paese dolce e rotondo, leggero e maneggevole come un vaso, uno dei tanti cocci, perfetti delle sue botteghe e fornaci”.
Diverse sono le ipotesi sull’origine di Castrum Fractarum, antico nome di questo castello arroccato sulle colline fra la valle del Matauro e quella del Cesano. La più probabile sostiene che sia sorto in seguito alla fuga degli abitanti dal vicino municipio romano di Suasa distrutto dai Visigoti di Alarico nel V sec. d. C.
Si può parlare di un vero e proprio insediamento, però, solo intorno al mille quando i monaci ravennati di S.Apollinare in Classe costruirono il Convento di Santa Vittoria. Tra i sec. XI-XIII il Castello visse la sua fase più importante: divenne il capoluogo della Ravignana, un vero e proprio stato che si estendeva dal Metauro al Cesano alle dirette dipendenze dei monaci di Ravenna che, per controllare i loro possedimenti, si servivano di un Vicario Generale.
Secolare nel territorio è la tradizione delle terrecotte, i cosiddetti “cocci di Fratte Rosa”, che, realizzate artigianalmente, sono ancora prodotte da alcuni laboratori della zona. La denominazione “cocci”, di chiara origine popolare, è riferita ad oggetti in terracotta d’uso casalingo che tuttora si producono in questo piccolo paese situato su un colle della Provincia di Pesaro e Urbino tra la vallata del Metauro e quella del Cesano.
È questa un’attività produttiva profondamente radicata nella propria storia: fino al 1920, infatti, erano 12 le fornaci esistenti sul territorio che occupavano complessivamente circa 50 addetti. Attualmente sono in attività tre laboratori. Secondo un’antica usanza l’argilla viene tuttora estratta nelle campagne adiacenti l’antico Convento di Santa Vittoria. La creta così ottenuta viene poi impastata e lavorata per essere morbida e compatta alla fase di tornitura. Una volta essiccati, i cocci vengono posti nelle fornaci riscaldate con legna particolare, accostati in un bell’ordine in modo che il forno ne possa contenere il più possibile.
Gli oggetti “biscottati” sono poi smaltati con vernici che gli artigiani di Fratte Rosa preparano ancora direttamente nelle loro botteghe usando componenti naturali quali la silice.
Il territorio è conosciuto anche per la produzione della nota “fava di Fratte Rosa”, la cui coltivazione è regolamentata da un rigoroso disciplinare. Dopo tanti anni, circa diciotto, di impegno e lavoro portati avanti
dall’Associazione “Favetta di Fratte Rosa“, dal Comune di Fratte Rosa e dagli “Agricoltori Custodi” che hanno conservato e curato la biodiversità di questa specie, è finalmente arrivato il riconoscimento tanto atteso: la Favetta di Fratte Rosa diventa, infatti, presidio Slow Food.
Un’attenta ricerca storica sulla mezzadria locale ha permesso di risalire anche alle origini di questa coltivazione. Molto spesso, i contadini che dovevano dividere il raccolto con il padrone e, dal restante, togliere la parte necessaria per la semina, si trovavano con poca disponibilità di grano per il consumo giornaliero. La fava, dunque, sopperiva a questa necessità, diventando ingrediente basilare per la preparazione del pane, della crescia e di molte altre pietanze. Veniva utilizzata anche per fare “Tacconi”, un tipo di pasta fresca ottenuta dalla miscela di farina di grano e farina di fava (tipica espressione delle tradizioni gastronomiche di Fratte Rosa) e consumata fresca, secca o sotto’olio.