San Costanzo

San Costanzo

San Costanzo, con le sue due frazioni Cerasa e Stacciola, è il primo comune che si incontra lasciando la costa tra Fano e Marotta. I tre borghi medievali, adagiati sulle colline tra le valli del Metauro e del Cesano, offrono ai propri visitatori un mix di tradizione e quotidianità: il gusto dei prodotti tipici, i sapori dell’arte vinicola delle cantine, la cultura, la storia che ha origini lontane e panorami che si aprono dal mare fino ai monti per gli amanti delle attività all’aperto e che offrono ristoro anche solo a chi è alla ricerca di un momento di relax.

San Costanzo è terra di storia. Dagli insediamenti dei Piceni alle vicissitudini del Conte Giulio Perticari e della Famiglia Cassi di fine 1700.Testimonianze del passato si possono scorgere passeggiando nei borghi. San Costanzo conserva ancora tracce del passato medievale nelle mura e nei torrioni che la circondano. Meritano una visita la Chiesa Collegiata (XVI secolo) e la Chiesa di S. Agostino (XVII). Anche la frazione di Cerasa conserva la cinta muraria ed il suo aspetto medievale. Sono ancora visibili le due torri e la porta d’ingresso con la rampa, mentre all’interno del “castello” si può visitare la Chiesa di San Lorenzo Martire, con la sua fonte battesimale del 1629 e un organo Callido. Sono inoltre degni di nota il portale di Casa Giraldi, in cotto e arenaria, e una casa del 1735.
Infine a Stacciola da non perdere l’Oratorio di S. Nicola da Tolentino, costruito dai conti Mauruzi e uno dei pochi forni comunitari d’Italia, la cui prima attività documentata risale al 1700.

San Costanzo è terra di cultura, con il Teatro della Concordia utilizzato per numerose manifestazioni di carattere teatrale e musicale; con Palazzo Cassi, di recentissima ristrutturazione, considerato il diamante artistico di San Costanzo. In esso sono esposte una grande tela rappresentante il Battesimo di Costantino, attribuibile al Rondolino, materiali provenienti dalle tombe della necropoli picena e nel 2006 si è arricchita con l’affresco quattro-cinquecentesco di Madonna con Bambino, staccato dalla Chiesa del Cimitero del capoluogo.

San Costanzo è terra di cucinacon la Sagra polentara di San Costanzo, una delle più antiche delle Marche, con la sagra della Crescia d’la Stacciola che ha il riconoscimento di Piatto Tipico Regionale della Regione Marche. Con la Sagra gastronomica che si svolge ogni anno a metà Agosto.

Con i piatti della tradizione Contadina ed i vini delle cantine che esprimono il gusto e l’essenza delle colline marchigiane. Dalle Cantine con produzione Biologica all’Olio spremuto a Freddo, alla Sagra della Polenta di San Costanzo sino a alla Sagra della Crescia di Stacciola. San Costanzo è terra di natura e vita all’aria aperta,con i percorsi naturalistici della Valle dei Tufi e del Fosso dell’Inferno ed i chilometri di strade su panorami che sono entrati nel cuore di tanti cicloamatori ed amanti della mountain bike. Nei percorsi naturalistici, percorribili sia a piedi che in bicicletta, oltre all’osservazione della fauna e della flora si possono ammirare scorci panoramici di ineguagliabile bellezza.


Sant’Ippolito

Sant’Ippolito terra di antichi mestieri

A metà strada tra Fano e Urbino, il territorio di Sant’Ippolito si trova a ridosso dell’ampia e fertile valle del fiume Metauro, solcato da numerosi corsi d’acqua e presenta un ameno paesaggio verdeggiante di campi coltivati, filari di viti e alberature sparse, tipico delle zone di bassa collina.

Fondato dai fossombronesi tra il VI e il VII secolo, è noto per l’attività dei suoi scalpellini e marmisti. La testimonianza dell’antica arte ha lasciato traccia fin nelle più umili abitazioni dove non è raro trovare madonnine ed altre effigi sacre incastonate nelle pareti, così da regalare al visitatore un vero e proprio museo a cielo aperto.

Opere degli scalpellini locali sono conservate anche nelle chiese di Sant’Ippolito, come la chiesa di San Giuseppe risalente al XIV secolo dove si trova anche una tela di scuola baroccesca, la chiesa di Sant’Antonio e laparrocchiale di Sant’Ippolito. La città si offre come un percorso punteggiato da piccoli borghi di origine medievale racchiusi da belle mura in pietra arenaria.

Partendo dalla pianura, non lontano dall’antica Forum Sempronii, si sale cambiando continuamente orizzonte sulla valle del Metauro, facendo prima tappa nel castello di Sant’Ippolito, poi a Reforzate coi suoi vicoli e giardini segreti, dove ogni anno a metà luglio si tiene la Rievocazione storica della Trebbiatura, per giungere infine a Sorbolongo sede della tradizionale Sagra della Lumaca e che dall’alto della sua posizione panoramica abbraccia con lo sguardo San Marino al Conero, il monte Catria e il mare Adriatico. Le vie del capoluogo e degli altri castelli sono caratterizzate dalla presenza di antichi palazzi eretti dalle più ricche famiglie di artigiani della pietra e decorate con pregiati portali e mascheroni in arenaria.


San Lorenzo in Campo

San Lorenzo in Campo, un luogo autentico tra le colline

San Lorenzo in Campo si erge tra le colorate colline marchigiane, in uno splendido paesaggio rurale, nella ridente vallata del Cesano, fiume che bagna le terre laurentine, ai margini della ricca zona archeologica di “Suasa Senonum”, ai margini della ricca zona archeologica di “Suasa Senonum”.

A 209 metri sul livello del mare, segna il cuore della vallata, trovandosi equidistante dal mare Adriatico (Marotta a 25 km) e dall’Appennino Umbro-Marchigiano (Monte Catria a 25 km). Il comune comprende due frazioni: Montalfoglio e San Vito sul Cesano, due borghi affascinanti immersi nel verde con stupende viste sulla vallata.

Il centro storico conserva la pianta urbanistica originale con viuzze interne, archi di accesso e mura di cinta castellane con torrioni attualmente privi soltanto delle merlature. Nella parte più elevata si ergeva la rocca, di cui rimangono resti abbastanza leggibili, sotto la quale si apre la caratteristica piazzetta “Padella”, dove si affaccia il severo Palazzo della Rovere, sede del Museo Archeologico del Territorio di Suasa, che consente di cogliere l’evoluzione dell’ambiente e del popolamento umano della valle del Cesano.

Meritano una visita il teatro comunale Mario Tiberini, il cinquecentesco Palazzo Amatori e quello dei principi romani Ruspoli. A due passi l’Abbazia Benedettina, si possono ammirare fra i più bei monumenti romanico-gotici esistenti nell’intera regione Marche. Bandiera verde dell’agricoltura, fra le specialità laurentine, il farro riveste particolare importanza.

Il castagnolo al farro è stato inserito tra i prodotti tipici della Regione Marche con apposito decreto: è stato il primo prodotto a dotarsi della denominazione De.C.O – Denominazione Comunale di Origine. Nel territorio comunale di San Lorenzo in Campo tipica è anche la produzione di miele. Rinomati sono i vini DOC Pergola e Bianchello del Metauro.


Terre Roveresche

Terre Roveresche: un luogo sospeso nel tempo

Il 1º gennaio 2017 sono nate le Terre Roveresche, terre generose e ospitali. I precedenti Comuni di Barchi, Orciano di Pesaro, San Giorgio di Pesaro e Piagge, hanno unito i 70 Kmq dei loro territori e i 5350 residenti, conservando ognuno la propria identità, storia e cultura, ma condividendo risorse ed energie, insieme a tutto ciò che li accomuna. Le Terre Roveresche sono una realtà dove la tradizione sopravvive nei piccoli centri e viene valorizzata come patrimonio comune da tutti i suoi abitanti. Che siano gli antichi mestieri, tanto quelli ancora tramandati quanto quelli raccontati nei musei, che siano i prodotti tipici del territorio, i vini e i piatti che copiosamente adornano la tavola, questo luogo vive sospeso nel tempo e fuori dal tempo. Nelle Terre Roveresche, i borghi storici e gli antichi castelli svettano sulla cima delle colline che disegnano il profilo dolce e sinuoso del panorama, nascondendo tra viuzze anguste e piazze nascoste, gioielli di inestimabile valore storico e artistico, con unicità irripetibili; splendidi belvedere dove ci si può abbandonare ai propri pensieri mentre appoggiati sulle balaustre delle antiche cinte murarie lo sguardo si perde nella pittoresca suggestione della natura.

Il borgo murato di Barchi, la piccola “Città Ideale” del Rinascimento, è stato interamente progettato da Filippo Terzi nel XVI sec. secondo i canoni della “divina proporzione”, a partire dalla Porta Nova, fino al Palazzo Ducale, residenza estiva dei Duchi di Urbino, e a tutti i palazzi nobiliari. La Collegiata di Sant’Ubaldo è uno scrigno che racchiude pregevoli tele seicentesche di scuola baroccesca.

Orciano di Pesaro ha un centro storico cinto da mura, caratterizzato da un’imponente Torre Malatestiana e dal Campanile roveresco. Di particolare interesse la Chiesa di Santa Maria Nuova, con un sontuoso portale in pietra scolpita, e il Castello di Montebello, dimora di Lavinia Feltria Della Rovere. A lato della graziosa piazzetta Gio’ Pomodoro, troviamo il Museo della Corda e del Mattone, un luogo nato per mantenere viva la memoria delle tradizioni e delle attività artigianali tipiche della storia orcianese.

San Giorgio di Pesaro ha un’antica cinta muraria di origine medievale e annovera chiese di particolare interesse, nonché il MuSA, il Museo Storico Ambientale, con percorsi sensoriali e sezioni dedicate alla bachicoltura e apicoltura, realizzate per spiegare ed esaltare lo stretto legame tra le attività tradizionali e l’ambiente con le sue componenti faunistiche e floristiche. Piagge ha un centro storico raccolto all’interno di antiche mura, con la panoramica Piazza della Torre e la Grotta Ipogeo, un cunicolo scavato nel tufo a 7 m di profondità, che presenta una pianta cruciforme con pareti decorate da suggestive quanto enigmatiche incisioni.


Fratte Rosa

Fratte Rosa

Sorge a cavallo fra le valli del medio Metauro e del medio Cesano, sulla cima di una collina circondata dal verde dei campi coltivati e dei numerosi vigneti.

Dalla cima della collina su cui è arroccata si ha la possibilità di gustare un panorama tra i più ampi e suggestivi della provincia.

Fratte Rosa – con le parole di Paolo Volponi – è “un paese dolce e rotondo, leggero e maneggevole come un vaso, uno dei tanti cocci, perfetti delle sue botteghe e fornaci”.

Diverse sono le ipotesi sull’origine di Castrum Fractarum, antico nome di questo castello arroccato sulle colline fra la valle del Matauro e quella del Cesano. La più probabile sostiene che sia sorto in seguito alla fuga degli abitanti dal vicino municipio romano di Suasa distrutto dai Visigoti di Alarico nel V sec. d. C.

Si può parlare di un vero e proprio insediamento, però, solo intorno al mille quando i monaci ravennati di S.Apollinare in Classe costruirono il Convento di Santa Vittoria. Tra i sec. XI-XIII il Castello visse la sua fase più importante: divenne il capoluogo della Ravignana, un vero e proprio stato che si estendeva dal Metauro al Cesano alle dirette dipendenze dei monaci di Ravenna che, per controllare i loro possedimenti, si servivano di un Vicario Generale.

Secolare nel territorio è la tradizione delle terrecotte, i cosiddetti “cocci di Fratte Rosa”, che, realizzate artigianalmente, sono ancora prodotte da alcuni laboratori della zona. La denominazione “cocci”, di chiara origine popolare, è riferita ad oggetti in terracotta d’uso casalingo che tuttora si producono in questo piccolo paese situato su un colle della Provincia di Pesaro e Urbino tra la vallata del Metauro e quella del Cesano.

È questa un’attività produttiva profondamente radicata nella propria storia: fino al 1920, infatti, erano 12 le fornaci esistenti sul territorio che occupavano complessivamente circa 50 addetti. Attualmente sono in attività tre laboratori. Secondo un’antica usanza l’argilla viene tuttora estratta nelle campagne adiacenti l’antico Convento di Santa Vittoria. La creta così ottenuta viene poi impastata e lavorata per essere morbida e compatta alla fase di tornitura. Una volta essiccati, i cocci vengono posti nelle fornaci riscaldate con legna particolare, accostati in un bell’ordine in modo che il forno ne possa contenere il più possibile.

Gli oggetti “biscottati” sono poi smaltati con vernici che gli artigiani di Fratte Rosa preparano ancora direttamente nelle loro botteghe usando componenti naturali quali la silice.

Il territorio è conosciuto anche per la produzione della nota “fava di Fratte Rosa”, la cui coltivazione è regolamentata da un rigoroso disciplinare. Dopo tanti anni, circa diciotto, di impegno e lavoro portati avanti
dall’Associazione “Favetta di Fratte Rosa“, dal Comune di Fratte Rosa e dagli “Agricoltori Custodi” che hanno conservato e curato la biodiversità di questa specie, è finalmente arrivato il riconoscimento tanto atteso: la Favetta di Fratte Rosa diventa, infatti, presidio Slow Food.

Un’attenta ricerca storica sulla mezzadria locale ha permesso di risalire anche alle origini di questa coltivazione. Molto spesso, i contadini che dovevano dividere il raccolto con il padrone e, dal restante, togliere la parte necessaria per la semina, si trovavano con poca disponibilità di grano per il consumo giornaliero. La fava, dunque, sopperiva a questa necessità, diventando ingrediente basilare per la preparazione del pane, della crescia e di molte altre pietanze. Veniva utilizzata anche per fare “Tacconi”, un tipo di pasta fresca ottenuta dalla miscela di farina di grano e farina di fava (tipica espressione delle tradizioni gastronomiche di Fratte Rosa) e consumata fresca, secca o sotto’olio.